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...me lo risento che mi rironza 
all'orecchio, e mi ridice (in una lingua che mi è molto ignota):

Kinek ìrod ezt?  







Kinek ìrod ezt? è il mio film d’esordio, un film che fugge da regole già scritte per andare alla ricerca di EDOARDO SANGUINETI, di Genova, dell’estetica nelle sue forme più disparate e di quella realtà che finisce spesso per cedere alle lusinghe dell’inganno. Da un veicolo ferroviario che sbuffa come un gigante iracondo, ecco una lunga inquadratura su un tratto di cielo dove corrono leggeri fili nerissimi, quasi danzando, in quel movimento tutto labirintico che caratterizzava la scrittura del grande poeta scomparso. Alcune libere confessioni per non far cadere nell’oblio l’incredibile forza che spronava Sanguineti a confrontarsi con il proprio inconscio: Raffaele Perrotta (professore di Metodologia e critica dello spettacolo all’Università di Genova) e Massimo Sannelli (scrittore e artista genovese). A queste si accompagna la straordinaria partecipazione di Ottavia Fusco, che delle opere teatrali e musicali firmate da Sanguineti e Andrea Liberovici è stata magnifica interprete. E poi la performance di Elena Rozo, artista e cantante lirica. Fra una parola e l’altra la natura voyeuristica di un occhio meccanico penetra la città e i genovesi (quelli che celebrano il pensiero sfilando per la strada, quelli che fanno la loro vita in mezzo a carcasse meccaniche, quelli che riciclano le parole di Antonin Artaud aggrappati ad una ragnatela di cuffie, quelli che partoriscono la confusione frenetica dei servizi di trasporto, quelli che realizzano opere d’arte affrontando temi relativi alla solitudine e che io ho mortificato attraverso la tecnica del linguaggio pubblicitario, quelli che trasformano la scienza in un’attività piacevole per divertimento). Tutto confluisce in quella spettacolarizzazione del nulla che Sanguineti, sedotto dalla psicoanalisi, non esitava a tradurre in un kamasutra linguistico.

Il sentimento di grande stima e considerazione che Sanguineti nutriva per la Pop art fa in modo che il mio film abbia l’aria stupefatta delle opere della Warhol Factory. La riproduzione della realtà attraverso una fredda telecamera crea un sogno che viene percepito in modo frammentario e che sembra riflettere, come uno specchio, quelle sperimentazioni linguistico-poetiche che fecero di Sanguineti la figura centrale nel programma della neoavanguardia. Se da una parte viene gettato uno sguardo rivelatore su una città, Genova, che molti conoscono non di rado attraverso schemi riduttivi, dall’altra emerge l’insieme dei processi psichici che non hanno accesso alla coscienza di uno dei più grandi poeti italiani di tutti i tempi, colui che meglio ha espresso, come sottolineano certi segmenti del prodotto audiovisivo, l’anima clandestina della poesia. Attraverso una serie apparentemente sconnessa di immagini, voglio esprimere il senso di rivolta contro la normale percezione delle cose nello spazio e nel tempo. Una nave, che mai cavalcherà le onde del mare, ospita l’esibizione di un gruppo musicale d’avanguardia; un treno che sembra fatto con frammenti di latta e carta stagnola; suggestivi giochi d’acqua; una notte di luna, colma di lentezza; gli stupori dell’infanzia rievocati attraverso il circo; un gioco letterario di volti; la dialettica tra memoria e oblio che nel buio di una sala agita la malinconia in fondo agli occhi di una giovane attrice. Lo spirito di Sanguineti accarezza questa surreale e ironica escursione in una Genova fin troppo reale.



Disegno di Pasquale Squitieri per il calendario Gli Anni Zero. Il titolo Kinek ìrod ezt? è nella seconda poesia delle Glosse, nel Gatto lupesco (Feltrinelli, 2010)




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